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Allergie, le regole per vivere bene la stagione dei pollini

Allergie, le regole per vivere bene la stagione dei pollini

Chi è allergico lo sa: i pollini che circolano nell’aria, soprattutto in primavera, possono provocare una serie di sintomi, tra cui irritazione agli occhi, congestione nasale, starnuti, tosse persistente e in casi più rari asma bronchiale. Se questo quadro sintomatologico risultasse familiare, specie in questo periodo dell’anno, ci sono altissime probabilità di trovarci di fronte ad una allergia ai pollini (anche chiamata raffreddore da fieno o, più correttamente, rinite allergica), una condizione molto diffusa che colpisce fino al 20% della popolazione. Per affrontarla al meglio, è bene conoscere i sintomi, la durata e in che modo possono essere gestiti, alleviati e anche prevenuti.

1. Riconoscere i sintomi

I sintomi possono variare a seconda della quantità di polline a cui si è esposti e alla modalità di contatto con l’allergene che può essere per contatto diretto con la pelle o con le mucose di naso, occhi e vie aeree o che può essere inalato o ingerito. Quando il contatto interessa le vie aeree superiori e gli occhi, la reazione allergica può manifestarsi con rinite, starnuti continui, congestione nasale e congiuntivite con occhi arrossati che lacrimano. Quando viene, invece, colpita la cute, possono comparire dermatite e orticaria, accompagnate da un prurito intenso. Se a essere interessate sono le vie aeree inferiori, può insorgere asma con comparsa di broncospasmo, dispnea, sensazione di costrizione toracica e tosse.

2. Arrivare a una diagnosi

Il passaggio fondamentale è avere una diagnosi corretta della propria allergia, affidandosi a uno specialista, che permetta il controllo dei sintomi ad essa correlati impedendone l’evoluzione verso forme cliniche più gravi. I test allergologici sono efficaci per identificare le allergie stagionali e possono essere eseguiti sulla pelle, come il prick test, che prevede il posizionamento di alcune gocce di allergene purificato sulla superficie cutanea, oppure con un prelievo di sangue, come il dosaggio delle IgE specifiche per gli allergeni. La possibilità di individuare con test appropriati gli allergeni responsabili dell’allergia respiratoria consente allo specialista allergologo di predisporre una terapia personalizzata.

3. Mitigare i disagi

La regola base è quella di non entrare volontariamente in contatto con fiori o piante di cui si sa essere allergici. In casa come in ufficio è consigliato effettuare il ricambio di aria al mattino presto o alla sera tardi, quando la concentrazione di pollini nell’aria è inferiore e anche in questo caso è bene tenere le finestre chiuse nelle ore centrali della giornata. Meglio evitare di frequentare luoghi ad alta concentrazione di pollini come parchi e giardini e preferire gite al mare o in montagna piuttosto che in campagna. Evitare di uscire nelle ore centrali o più calde della giornata, in cui la concentrazione pollinica è maggiore, così come è bene evitare di restare all’aperto nei primi momenti di un temporale, poiché la pioggia facilita il rilascio di allergeni e pollini. È bene sforzarsi di respirare sempre con il naso perché al contrario della bocca trattiene parte degli agenti presenti nell’aria. Chi utilizza il motorino dovrebbe utilizzare mascherina e occhiali avvolgenti. In auto tenere i finestrini chiusi e attivare il filtro antipolline se presente.

4. Consultare i calendari pollinici

Il periodo più ricco di pollini, e quindi quello in cui si verificano la maggior parte delle reazioni allergiche, si colloca tra la primavera e l’estate. Da marzo a giugno le piante (in particolare graminacee, betullacee, oleacee, ambrosia e parietaria) liberano nell’aria la quantità maggiore di pollini. Poiché è importante cercare di limitare il contatto con l’allergene per non innescare i sintomi di rinite allergica e asma, una buona prassi consiste nel consultare il calendario dei pollini così da conoscere quali, quando e dove si ha il rilascio dell’allergene responsabile della reazione allergica.

5. Migliorare la qualità di vita

L’immunoterapia specifica, il cosiddetto “vaccino” per le allergie, rappresenta l’unica vera terapia risolutiva, poiché in grado di intervenire sui meccanismi immunologici alla base dell’allergia. È un trattamento che consiste nella somministrazione, per via sottocutanea o per via sublinguale, di un estratto degli allergeni interessati a dosi progressivamente crescenti, il che induce una modificazione della risposta immunitaria dell’organismo nel periodo di esposizione all’allergene.

Quali sono i test per diagnosticare l'asma

Quali sono i test per diagnosticare l’asma

L’asma è una malattia in crescita, perché lo stile di vita occidentale rappresenta oggi un fattore di rischio a cui è impossibile sottrarsi. Ne soffrono più di due milioni e mezzo di italiani, ma il trend è in costante crescita: secondo la Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI) ci sono stati 50 mila i nuovi casi di asma infantile solo nel 2023, e se ne prevedono ancora di più in questo 2024. Inquinamento e cambiamenti climatici giocano un ruolo importante nell’aumento delle patologie allergiche e dell’asma bronchiale. Una diagnosi tempestiva è fondamentale. Di asma si parla ancora troppo poco, ed è quindi urgente diffondere la cultura della prevenzione e della corretta gestione della patologia.

Che cos’è l’asma?

L’asma è una malattia infiammatoria che colpisce l’apparato respiratorio, in particolare i bronchi, e che si manifesta con fasi acute di broncospasmo, cioè di restringimento reversibile delle vie aeree, associato a un eccesso di produzione di muco, talvolta vischioso, che contribuisce alla ostruzione delle vie bronchiali. La sensibilizzazione verso allergeni ambientali è una condizione fortemente predisponente alle manifestazioni asmatiche. In particolare, quando si parla di evoluzione delle allergie bisogna tenere in considerazione la marcia allergica, ossia una modalità di progressione delle allergie che coinvolge il soggetto dall’infanzia all’età adulta. Tipicamente le allergie insorgono nell’infanzia per poi modificarsi nel periodo adolescenziale con la comparsa di rinite e asma.

Quali sono le cause scatenanti?

L’asma è una malattia dall’origine complessa. In termini più semplici, le cause dell’asma sono molte e possono avere una natura “intrinseca”, per una predisposizione genetica, e un’origine “estrinseca”, per il contatto con sostanze presenti nell’ambiente che possono agire da fattori scatenanti. Tuttavia, è importante considerare che queste due modalità causali interagiscono tra loro, così un fattore scatenante può essere tale solo in presenza di un organismo predisposto a sviluppare crisi asmatiche. Tale predisposizione è, in tutti i casi, sia nell’asma allergico sia nell’asma non allergico, la presenza di un’infiammazione cronica delle vie respiratorie, a sua volta responsabile dell’iperreattività del muscolo liscio (che regola la pervietà delle vie aeree) e della produzione di muco, che può ostruire il passaggio dell’aria causando i tipici sintomi dell’asma. Il fatto che nei Paesi occidentali l’asma sia una patologia in aumento ha fatto avanzare alcune ipotesi circa la sua origine ambientale: la presenza di fattori verosimilmente correlati a un cambiamento dello stile di vita, potrebbe avere un ruolo importante nell’aumento di prevalenza dell’asma registrato nei Paesi economicamente sviluppati. Pertanto, ai fattori di rischio genetici si sommano quelli ambientali, come l’inquinamento atmosferico, il fumo di sigaretta, abitudini alimentari e l’obesità, alcuni tipi di professione e infezioni delle vie aeree, affaticamento e stress.

Quali sono i sintomi?

I sintomi più comuni dell’asma sono: respiro sibilante, dispnea, costrizione toracica e tosse. Questi variano nel tempo, nell’insorgenza, nella frequenza e nell’intensità. Spesso questi sintomi sono associati a un’ostruzione al flusso aereo variabile, ossia alla difficoltà di respirare, a causa di una broncocostrizione (restringimento delle vie aeree), ispessimento della parete delle vie aeree e aumento del muco.

Come si arriva alla diagnosi?

La sola comparsa dei sintomi respiratori non è sufficiente a fare una diagnosi sicura d’asma, né a stabilirne la causa biologica. È, invece, necessario escludere altre patologie (come bronchite, enfisema o scompenso cardiaco) e chiarire, ove possibile, il fattore scatenante che innesca la reazione infiammatoria e l’attacco asmatico. L’asma è definito di tipo allergico quando l’esposizione a uno o più fattori ambientali (allergeni) è la causa dell’iperreattività e dell’infiammazione bronchiale alla base dei sintomi. In tal caso è necessario eseguire i test allergologici tramite prick test o RAST.

Quali sono i test diagnosti più utilizzati?

Per diagnosticare con sicurezza l’asma è opportuno seguire un percorso che in genere prevede le prove di funzionalità respiratoria: spirometria, test di reversibilità, test di provocazione bronchiale aspecifico per valutare il grado di ostruzione bronchiale. Dopo aver confermato la presenza di asma, andranno valutati i possibili agenti scatenati attraverso l’esecuzione dei test allergologici cutanei (Prick test) e anche, ove opportuno, i test sierologici finalizzati alla ricerca di IgE specifiche per uno o più allergeni, allo scopo di individuare l’allergene o gli allergeni responsabili dei sintomi dell’asma.

Che cos’è la spirometria?

È l’esame principale per la diagnosi di asma bronchiale. Qualora la spirometria rilevasse un’ostruzione bronchiale, sarà necessario verificare se un broncodilatatore possa eliminare o ridurre la suddetta ostruzione (test di broncodilatazione). La spirometria consiste nell’esecuzione di un’inspirazione massimale che raggiunga la capacità polmonare totale, seguita da un’espirazione rapida e forzata, che va proseguita fino allo svuotamento dei polmoni. Il paziente sarà invitato ad eseguire le suddette manovre respiratorie, dettagliatamente spiegate dall’operatore, attraverso un boccaglio monouso, dopo aver tappato il naso con uno stringinaso (per evitare fuoriuscita di aria dalle narici durante la prova). Il boccaglio è collegato ad un misuratore del flusso e del volume di aria mobilizzata dal paziente; tale misuratore trasforma il segnale in valori numerici ed immagini grafiche. Nel caso la prova respiratoria documentasse la presenza di ostruzione bronchiale, verrà quindi effettuato il test di reversibilità, o di broncodilatazione: tale esame consiste nell’inalare un farmaco broncodilatatore a breve durata d’azione prima di ripetere le manovre respiratorie già esposte. Si potrà quindi fare diagnosi di asma bronchiale qualora l’ostruzione venisse annullata o ridotta dalla somministrazione del farmaco.

Allergie: come determinare le vere cause?

Allergie: come determinare le vere cause?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2050 ci sarà una vera e propria “epidemia allergica”, poiché si stima che il 50% della popolazione soffrirà di allergie. Se si sospetta una allergia, è utile sapere quale dei molti allergeni esistenti è il responsabile dell’eccessiva risposta da parte del nostro sistema immunitario. Vediamo come è possibile scoprirlo.

Quali sono le cause dell’allergia?

L’allergia è dovuta a una eccessiva risposta anticorpale scatenata dal sistema immunitario verso allergeni che per la maggior parte delle persone risultano innocui. Tra i fattori scatenanti maggiormente responsabili delle reazioni allergiche troviamo: allergeni presenti nell’aria (pollini, peli di animali, acari della polvere e muffe); alcuni alimenti (uova, latte, pesce, crostacei, arachidi, noci, grano, soia); punture di insetti come api o vespe; farmaci; sostanze che, a contatto con la pelle, la irritano (come lattice e nichel).

Perché le allergie sono in aumento?

Alla base delle malattie allergiche c’è innanzitutto la predisposizione genetica che, però, è modulata dall’ambiente in cui si vive: il rapporto fra genetica e ambiente è infatti molto importante. Se un individuo predisposto geneticamente vive in un ambiente in cui il contatto con sostanze estranee potenzialmente in grado di indurre l’allergia è scarso, il rischio che queste sostanze riescano a scatenare l’allergia è molto basso, nonostante la predisposizione genetica. Se viceversa il contatto con sostanze che favoriscono lo sviluppo di allergie è elevato, il rischio aumenta. Ma non stiamo parlando solo degli allergeni, cioè delle sostanze verso le quali è rivolta la reazione allergica (ad esempio il polline, la polvere, il lattice). Esistono altri fattori in grado di scatenare l’allergia in quanto capaci di modulare la predisposizione genetica, per esempio l’inquinamento ambientale e lo stile di vita. L’inquinamento e lo stile di vita (abitudini alimentari, contatti con animali, frequenza di infezioni) spiegano, ad esempio, perché l’epidemia di malattie allergiche non ha il medesimo impatto nelle varie parti del mondo.

Quali sono i test per le allergie?

Esistono diverse opzioni per i test allergologici, tra cui esami del sangue, test di sensibilizzazione cutanea (prick test, patch test) e test di provocazione orale. L’Allergologo deciderà quale test è più adatto ad ogni singolo caso. Dopo aver eseguito il test allergologico che è stato scelto, i risultati vengono esaminati dal medico, congiuntamente all’anamnesi del paziente, per aiutare a formulare una diagnosi accurata e scegliere la terapia mirata per tenere sotto controllo i sintomi.

Come funzionano gli esami del sangue per la diagnosi delle allergie?

Un esame del sangue è un modo semplice e veloce con cui ottenere risposte rispetto alle allergie di cui potrebbe soffrire un paziente. Questo esame, chiamato dosaggio delle IgE specifiche (RAST test), fornisce informazioni sul livello degli anticorpi delle IgE specifiche per gli allergeni presenti nel sangue. Gli anticorpi sono un indicatore di sensibilizzazione allergica e, nel contesto di un’anamnesi incentrata sulle allergie, possono aiutare lo specialista a determinare se si è allergici e a cosa.

Quando si esegue il Prick Test?

I prick test sono test cutanei per il controllo della reazione allergica a diversi tipi di sostanze: alimenti, veleno di insetti, lattice, polvere e acari, polline, peli di animali. La pelle viene direttamente esposta ad allergeni sospetti e si osservano gli eventuali segni di reazione. Il primo scopo è quello di individuare con precisione i fattori che scatenano la reazione allergica, così da consentire al paziente di mettere in atto tutte le misure, alimentari o personali, per tentare di evitare il contatto con gli allergeni. In caso di allergia respiratoria, infatti, il prick test viene prescritto a chi manifesta sintomi stagionali o continuativi di rinite, congiuntivite, asma; in caso di allergia alimentare, invece, il prick test viene eseguito su quei pazienti che, dopo l’assunzione di uno specifico alimento, sviluppano sintomi come prurito, orticaria, arrossamento, gonfiore al cavo orale e/o alle labbra, angioedema, asma, oculorinite, disturbi gastrointestinali, shock anafilattico.

Perché si utilizza il Patch Test?

A differenza del Prick Test, nell’ambito dei test allergologici, il Patch Test si utilizza quando c’è bisogno di valutare la presenza di allergie a materiali come il nichel, cromo, oppure vari coloranti e conservanti. Le sostanze potenzialmente allergizzanti sono poste a contatto con la cute del dorso per 48/72 ore, con dischetti che occludono la pelle. La presenza di arrossamento più o meno evidente alla fine del periodo di test darà una risposta sulle condizioni di risposta allergica alla sostanza.

Cosa sono i test di provocazione orale per le allergie alimentari?

Il test di provocazione orale viene utilizzato per stabilire una diagnosi corretta, che può essere associata ai risultati ottenuti con gli esami del sangue o il test di sensibilizzazione cutanea. Questo tipo di test può essere utilizzato per confermare un’allergia alimentare o per verificare il suo superamento. Viene assunta una piccola porzione del cibo per il quale si sospetta un’allergia. Il paziente viene monitorato attentamente in caso di insorgenza di eventuali sintomi clinici, di solito in un ambiente medico protetto (clinico o ospedaliero). Se non vi è alcuna reazione, al soggetto viene fornita una quantità maggiore di quell’alimento, fino a raggiungere una porzione normale. Il test consente di capire con certezza quale, tra i cibi, sia proprio quello nocivo per l’organismo. Spesso i pazienti si affidano al ‘fai da te’ o a test inutili, ma costosi in termini economici, di prevenzione e salute. Il ricorso a test come quelli del capello o della forza muscolare, che non hanno fondamento scientifico, rischia di non far individuare i veri pazienti allergici, ritardandone la diagnosi e quindi le cure.

Asma e allergie in vacanza: ecco come viaggiare tranquilli

Asma e allergie possono rovinare una vacanza se chi ne soffre non prende le giuste precauzioni. Purtroppo le allergie non vanno in vacanza. È vero che in estate alcune fioriture sono terminate e che quindi, il problema delle riniti allergiche è meno diffuso. Ma è altresì vero che i cambiamenti climatici hanno modificato il ciclo di vita delle piante allungandone il periodo di fioritura e di impollinazione. Nei mesi di luglio-settembre, sono particolarmente diffusi i pollini delle composite, come ad esempio l’ambrosia, l’assenzio e l’artemisia. Inoltre, il clima caldo-umido facilita la proliferazione degli acari della polvere e delle muffe, soprattutto nelle case di villeggiatura che magari sono rimaste chiuse per parecchi mesi.

Mare o montagna per chi è allergico?

Dipende dal tipo di allergia. Grazie all’esposizione solare, le patologie allergiche quali rinite e asma migliorano proprio nei mesi estivi poiché le alte temperature riducono la concentrazione di allergeni. Il soggiorno nelle località marine dal clima temperato rappresenta un innegabile vantaggio per tutti quei pazienti affetti da allergia ai pollini e da malattie respiratorie croniche, che risultano estremamente sensibili agli sbalzi termici. Prima di scegliere la meta delle proprie vacanza è bene controllare i calendari pollinici. Se si è allergici agli acari meglio scegliere la montagna oltre i 1500 metri. A quell’altezza, infatti, non ci sono acari, che costituiscono fra le principali cause degli attacchi d’asma. Se, invece, si è allergici alle muffe, qualsiasi clima secco, di mare o di montagna, va bene. In questi casi meglio evitare il lago. Infine, se a scatenare gli attacchi allergici è il pelo di cane e di gatto, occorre prudenza se si sceglie una vacanza in campagna o in agriturismo.

Ma non sono solo le piante con i loro pollini a rappresentare una minaccia. Non sono da sottovalutare le allergie cutanee (come l’orticaria o le allergie da contatto), alimentari o da punture di insetto.

Ecco alcuni consigli per le allergie cutanee

L’applicazione di cosmetici solitamente usati nel periodo estivo (olii per capelli, creme o filtri solari, profumi, etc.) può determinare una reazione da contatto localizzata o estesa. Per ridurre il rischio basta seguire alcuni accorgimenti come quello di fare docce con acqua dolce subito dopo il bagno in mare e proteggere la cute con cappelli e magliette soprattutto durante le ore più calde. Anche a tavola è importante evitare l’assunzione di cibi ricchi in istamina e/o istamino-liberatori che potrebbero indurre o peggiorare la sintomatologia cutanea in caso di orticaria, come ad esempio pesche, fragole, pesce e crostacei.

…per le allergie alimentari

È opportuno sapere con esattezza cosa si ordina per evitare possibili reazioni allergiche causate da alcuni ingredienti: è sempre meglio dichiarare le allergie alimentari e portare con sé i farmaci per il primo intervento. Tra gli alimenti maggiormente coinvolti in questi tipi di allergie vi sono le proteine del latte e le uova ( in particolare in età pediatrica), la soia, le arachidi, le nocciole, il pesce, i crostacei.

…per le allergie al veleno di imenotteri

Il veleno iniettato dal pungiglione di un imenottero (ape, bombo, vespa e calabrone) ha un effetto irritante nella sede della puntura, causando infiammazione che nella maggior parte dei casi rimane localizzata. In alcuni soggetti, tuttavia, il sistema immunitario produce anticorpi specifici implicati nelle reazioni allergiche, detti IgE, che scatenano una reazione al veleno più o meno generalizzata che può coinvolgere, oltre al distretto cutaneo, anche l’apparato gastrointestinale, quello respiratorio e quello circolatorio, provocando sintomi di varia gravità, fino allo shock anafilattico. Ricordare alcune semplici norme di sicurezza: evitare profumi, vestirsi con colori chiari, non avvicinarsi e non disturbare gli alveari, coprire bevande zuccherate e cibo (soprattutto dolce) per non attirare vespe e api, non agitare le braccia e non cercare di scacciarle con le mani.

In caso di episodi di pregresse reazioni avverse a punture di imenotteri, è fondamentale fare una valutazione allergologica perché è possibile prescrivere gratuitamente l’adrenalina autoiniettabile per i paziente allergici ed, eventualmente, l’immunoterapia, che rappresenta una terapia salvavita.

Immunoterapia specifica

Vaccini contro le allergie? È più corretto parlare di immunoterapia

Più che di vaccini per le allergie, è corretto parlare di immunoterapia specifica o desensibilizzante. Lo scopo di questi trattamenti è attenuare la risposta immunitaria anomala che alcuni allergeni sono in grado di provocare nel nostro organismo.

È l’unica cura disponibile al momento in grado di agire sulla causa dell’allergia e non solo sui suoi sintomi. Può addirittura determinare una remissione della patologia allergica, evitando un peggioramento e/o evoluzione della rinite e/o asma.

L’immunoterapia specifica (ITS), che nel linguaggio comune viene impropriamente chiamata vaccino antiallergico, consiste nella ripetuta somministrazione di piccole quantità di specifici allergeni allo scopo di indurre tolleranza verso l’allergene, e ridurre cosi il rischio di reazione. L’immunoterapia non agisce sui sintomi, ma sul sistema immunitario, modulandone la risposta allergica. Spegne cioè progressivamente la reazione anomala alla base dei fastidiosi sintomi allergici: ecco la vera differenza rispetto ai farmaci tradizionali, antistaminici e cortisonici.

È un protocollo medico efficace nel trattamento dell’asma, della rinite di tipo allergico ma anche nell’allergia al veleno di insetti come vespe, calabroni, api, dove rappresenta una terapia salvavita.

Ogni dose contiene quindi una piccola quantità di allergene, la sostanza che scatena l’allergia nel paziente. Tali sostanze sono dosate nella quantità idonea ad attivare il sistema immunitario della persona, senza peraltro avviare i classici sintomi della temuta reazione di tipo allergico. L’allergologo, secondo una precisa sequenza temporale, incrementa la dose dello specifico allergene contenuto in ogni singola applicazione e questo permette all’organismo di abituarsi in modo graduale alla carica degli allergeni, sviluppando una sorta di desensibilizzazione.

L’immunoterapia è possibile per via sottocutanea, ovvero tramite iniezione dell’allergene nella parte alta del braccio. Nella fase di induzione le iniezioni vengono somministrate con cadenza settimanale aumentando progressivamente la dose: una volta raggiunta la dose di mantenimento, la frequenza delle iniezioni è in genere di una ogni 4 settimane. Per le allergie respiratorie esiste anche il vaccino sublinguale che prevede la somministrazione quotidiana di dosi crescenti di allergene, sotto forma di compresse o gocce, che il paziente può assumere autonomamente a domicilio.

La desensibilizzazione provoca raramente effetti collaterali: lievi reazioni locali (prurito o ponfo) nel sito di iniezione o occasionali formicolii in bocca in caso di assunzione sublinguale. Estremamente rari ormai, i casi di reazione allergica severa. In ogni caso, quando viene prescritta la più appropriata immunoterapia per ciascun paziente e viene praticata in modo corretto, il rischio di reazioni è relativamente basso.

Allergie e inquinamento

Allergie in aumento: la colpa potrebbe essere dell’inquinamento

Occhi rossi, starnuti e naso che cola. Le allergie respiratorie mietono vittime anche nei mesi più freddi dell’anno. I cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo ormai da diversi anni, causati principalmente dal surriscaldamento del pianeta, stanno incidendo sempre di più sulla nostra salute.

Negli anni Sessanta le allergie colpivano il 5% della popolazione, nel 2025 arriveranno al 50%.

Il numero è destinato ad aumentare a causa del pericoloso mix di fattori in grado di scatenare reazioni allergiche: l’aumento delle temperature, l’inquinamento e la maggiore diffusione dei pollini nell’aria. Il surriscaldamento del pianeta ha anticipato il periodo di fioritura delle piante rispetto all’arrivo della primavera. Da questo dipende il fatto che i pollini si concentrano nell’aria per un arco di tempo ben più ampio: è quasi scontato che l’incidenza delle allergie sia maggiore.

Il tasso crescente di anidride carbonica disciolta in atmosfera, frutto soprattutto del ricorso ai combustibili fossili, sta rendendo più lunghi e intensi i periodi di impollinazione.

Ma il polline, oltre a essere una tra le più importanti fonti di allergie, è in grado anche di favorire il rilascio di mediatori in grado di stimolare una reazione infiammatoria e una risposta immunitaria nel nostro organismo. La complessità di questa azione sarebbe alla base dell’aumento dei «polisensibili». Si tratta di persone che sviluppano una reazione eccessiva a più specie polliniche, contemporaneamente. Un problema che oggi, in Italia, riguarda 8 allergici su 10: sono pazienti che stanno male per un periodo più lungo, talvolta anche da marzo a ottobre.

Nei luoghi in cui la qualità dell’aria è peggiore, d’altra parte, i numeri delle allergie sono più elevati.

Più alte sono le temperature, maggiore è la quantità di ozono che si sviluppa nell’aria. Parliamo di una molecola non allergizzante, ma che è in grado di irritare l’apparato respiratorio. E, dunque, di accentuare i sintomi respiratori di un’allergia primaverile. A partire dall’asma, rilevabile in quasi il 40% delle persone che ne soffrono: da sola o associata alle altre manifestazioni (starnuti, ostruzione nasale, prurito, rinorrea e congiuntivite).

A ciò occorre aggiungere anche l’inquinamento veicolare. I particolati (Pm 2,5, Pm 1 e soprattutto Pm10) possono fungere da «vettore» per i pollini: in pratica le molecole allergeniche si legano alla superficie del particolato che poi le trasporta anche a distanze considerevoli rispetto al luogo dove erano state liberate. L’azione dello smog si combina così con quella degli allergeni peggiorandone le conseguenze e causando congiuntivite, raffreddori frequenti e prolungati nel tempo, ma anche asma e disturbi respiratori.

Se i sintomi si manifestano per la prima volta e lasciano sospettare un’allergia è bene consultare uno specialista allergologo.

Una corretta diagnosi è fondamentale per identificare la vera causa dell’allergia e studiare un trattamento mirato. La terapia è personalizzata e dipende dal quadro del paziente. In generale, per la rinite la terapia gold standard è rappresentata da farmaci steroidi topici come gli spray nasali. In alcuni casi si può usare una terapia topica combinata steroidea e antistaminica. Per diminuire la sintomatologia correlata alla rinite (prurito alla gola, starnutazioni ripetute, prurito al naso) possono essere utili farmaci antistaminici. Per l’asma sono invece disponibili farmaci specifici: nella maggior parte dei casi il controllo della malattia si ottiene con farmaci corticosteroidei per via inalatoria che possono essere associati anche a farmaci broncodilatatori.

Dott. Francesco Papia

Se sospetti di soffrire si un’allergia respiratoria prenota subito una visita specialistica con il dott. Francesco Papia, specialista in Allergologia e Immunologia a Palermo al 333 989 2965.